…o forse si? Titolo un po’ ambiguo, in maniera voluta. In effetti, soprattutto quando si tratta di genitori che iscrivono i bambini ad arti marziali, la frase che si sente più spesso è “così impara a difendersi”. Ma è vero? La risposta non è così semplice, ma guardandosi in giro, e soprattutto pensando al Karate delle olimpiadi e quindi quello sportivo, dove si pratica il così detto “skin touch”, cioè senza vero contatto, cosa più ovvia è dire di no.

O meglio, non c’è un collegamento diretto. Innanzi tutto è necessario sottolineare che “difendersi” è un concetto troppo vasto per essere ridotto a qualcosa che si può insegnare con una singola arte marziale (qualunque essa sia, MMA incluso).

Proviamo a concentrarci su quello che intendono la maggior parte delle persone, cioè il combattimento uno contro uno senza armi, al di là del fatto che nella realtà sia uno dei casi meno probabili in cui serva difendersi.

Inoltre, dobbiamo escludere anche la fetta più grossa del Karate, cioè la parte legata al mondo tradizionale e originale di quello che una volta era il Tode, ovvero l’arte di combattere usata per la guerra e tramandata sotto altri nomi dalla Cina a Okinawa e poi attraccata nel Giappone moderno. Infatti, in quel caso è possibile facilmente capire in che modo il Karate fosse più che ottimo per imparare a combattere e a difendersi su più fronti, come ho scritto in vari articoli, per esempio quello sui Kata (Ecco perché il Kata è il miglior modo per imparare a combattere).

Limitiamoci a quelle scuole di karate che allenano la gara agonistica senza contatto. Chi segue quel tipo di Karate (che sempre Karate rimane), allena molto bene le capacità motorie, in particolare raggiungendo condizioni di forma spesso sopra la media dello sportivo in termini di potenza e agilità. Questo, di per sé, è un vantaggio se ci si trova a combattere con una persona non allenata, ma non garantisce nessuno specifico elemento di successo diverso da quello che avrebbe un calciatore o un ginnasta. Il problema di quella specifica tipologia di karate sportivo è che spesso manca di alcuni elementi fondamentali nel combattimento legato alla difesa uno contro uno, cioè il contatto e il condizionamento.

Infatti, in una situazione realistica, l’avversario non cercherà di arrivare a sfiorarci per poi fermarsi, ma affonderà i colpi e continuerà fino a che non ci sarà più movimento o forza residua. La sensazione dell’impatto è qualcosa di molto complesso e non tutti la gestiscono emotivamente allo stesso modo. C’è chi entra in situazioni di panico, chi sviene, chi invece diventa una bestia ma gli si spegne il cervello. In ogni caso, la mancanza di controllo e consapevolezza al momento dell’impatto, che sia dato o ricevuto, è cruciale nel contesto di una vera difesa.

Per questo motivo, si potrebbe dire che una persona che, senza allenamento di tecnica specifica, si mettesse a dare qualche pugno e calcio al sacco, ha più probabilità di superare uno scontro uno contro uno di un karateka sportivo che non lo abbia fatto.

Take away tip #1: non importa che arte marziale fai, se vuoi condizionarti per un vero combattimento ed essere preparato, colpisci qualcosa per davvero.

La seconda problematica dello sperare che il karate sportivo aiuti nel combattimento reale è dovuta a come funziona il cervello: di base, e semplificando, il nostro cervello cerca di automatizzare ogni movimento e ogni cosa che risulti ripetitiva o che debba essere estremamente efficiente. Dare un pugno o un calcio in una situazione di pressione è uno di questi casi, tuttavia nelle arti marziali skin-touch, il cervello viene allenato per anni a utilizzare calci e pugni che si devono letteralmente fermare prima dell’impatto e che una volta realizzato il punto danno la “ricompensa” e invitano a cambiare il comportamento, riducendo la foga e l’energia seppur per pochi istanti. Questo, ancora una volta, in un combattimento reale è un gran problema, perché se proprio si arriva alla necessità di colpire qualcuno, l’ultima cosa che si vuole fare è partire con un pugno e arrivare con una carezza. Sembrerà una banalità, ma il sistema muscoloscheletrico viene allenato in modi completamente diversi nei due casi, cioè se ci si deve fermare o se invece si deve affondare il colpo.

Ancora una volta, allenamenti al sacco possono aiutare a sopperire a questa problematica, anche se, ovviamente, proprio per come funziona il cervello, questi potrebbero ridurre la prestazione sportiva che non necessita di quell’allenamento.

Take away tip #2: l’allenamento è sempre specifico a quello che si vuole raggiungere e spesso non è possibile salvare capra e cavoli, ma bisogna accettare che una cosa abbasserà la prestazione di una opposta.

Dunque, per riassumere e concludere con l’intento di questo articolo, cerchiamo di capire quali sono alcuni punti importanti per fare le scelte più giuste:

  1. Il karate sportivo è, appunto, uno sport. Rimane una parte anche abbastanza importante del karate moderno ma bisogna ricordarsi che è uno sport come il calcio, il basket o il tennis, cioè un’attività fisica che può diventare competitiva, che è sana e divertente e che non ha nessuno scopo o funzionalità al di fuori delle regole in esso contenute. E come non c’è niente di male o di riduttivo a giocare a calcio o a tennis, non è diverso con il “giocare” al karate.
  2. Il Karate-Do, se praticato in maniera completa, include tutto ciò serve per imparare a combattere, esattamente come altre artimarziali (MMA, Muay Thai, Kickboxe, etc.)
  3. La difesa è un concetto vasto, e se lo riduciamo al combattimento da strada uno contro uno, allora non esiste una specifica arte marziale che allena meglio di un’altra, perché i problemi del combattimento realistico sono legati più al condizionamento e alla gestione emotiva. Sicuramente, allenarsi in una qualsiasi arte marziale, o anche solo avere un fisico atletico, aiuta e da un vantaggio rispetto a uno non allenato. Alcune arti marziali che hanno come scopo competitivo quello di combattere uno contro uno possono avere vantaggi perché coprono alcune parti di condizionamento, ma fintanto che un’arte marziale ha delle regole che limitano il combattimento finale, avranno sempre gli stessi problemi di “abitudine” di una qualsiasi altra arte marziale e dunque non costituiscono necessariamente un vantaggio “tecnico”.
  4. Allenarsi nelle arti marziali è un mondo enorme e complesso e mischiare più variabili rischia di ridurre l’efficacia di ciascun allenamento e dunque di ridurre la prestazione specifica, per esempio troppo allenamento di affondo al sacco andrebbe a ledere la tecnica e la prestazione sportiva skin-touch. Bisogna sempre tenere presente cosa si vuole raggiungere e metterlo davanti ad altri bisogni che potrebbero essere irragionevoli e improbabili, come dover combattere uno contro uno.

Per chiudere, messaggio ai genitori che iscrivono i figli alle arti marziali perché imparino a difendersi: si, anche mia madre lo fece un po’ per quello, all’inizio, ma dobbiamo ricordarci che le arti marziali sono belle perché sono uno sport completo, che insegna disciplina, coordinazione, tecnica e da una buona condizione fisica se praticata nel modo corretto. Se il nostro intento è quello di dare strumenti di crescita molto efficaci ai nostri figli, allora è l’approccio giusto. Se pensiamo di iscrivere un bambino ad arti marziali, quali che siano, perché così impara a “picchiare” allora abbiamo, probabilmente, sbagliato più di una cosa nella vita…