Continuando sul tema dell’allenamento per il benessere, questa volta voglio parlare del tema della funzionalità.
Infatti, proprio perché ciascuno è diverso e ha la sua casistica specifica, bisognerebbe subito capire che non esiste nessun fitness influencer, o più in generale articolo (neppure questo), che possano dare una soluzione valida per tutti. Bisogna sempre calare il tutto nel contesto e distillare le informazioni utili a ciascuno.
(Come al solito, trovi il riassunto veloce in fondo all’articolo)
Per esempio, in questo articolo voglio parlare dell’allenamento del pugno con carico. Chiaramente, si tratta di un allenamento specifico per le arti marziali, tuttavia potrebbe contenere delle informazioni rilevanti per chiunque. Ovviamente, gli esercizi che pratico e mostro non sono per chi si sta alzando adesso, magari a 50 anni e con un po’ di ipertensione, ma per chi può e vuole migliorare la sua tecnica specifica.
In realtà, le nozioni di un esercizio anche molto specifico come questo, possono essere utili anche al 50enne. Come? Banalmente perché imparare qualche base della meccanica del corpo umano aiuta a evitare errori comuni anche in tanti altri ambiti. Oppure, mostrando che c’è tanto da sapere e focalizzandosi su uno dei messaggi chiave che ripeto in continuazione: ognuno seleziona il suo esercizio fisico sulla base dei suoi obiettivi e delle sue capacità.
Bisogna ricordare sempre che quando si parla di esercizio fisico, non esiste solo il crossfit, la palestra o le arti marziali. Se prendessi il caso del 50enne di prima, anche mettere da parte un po’ di tv dopo pranzo e andare a camminare per 15 minuti rappresentano un ottimo movimento, specie partendo da zero. Oltretutto, i miei obiettivi sono diversi dai suoi, ma ciò non significa che imparare le nozioni dell’allenamento, anche tramite semplici consigli, non possa aiutarlo a fare ogni giorno quel poco di più fino a raggiungere delle routines sane e sostenibili.
Tornando all’argomento di oggi, voglio affrontare il tema della funzionalità dell’allenamento, attraverso un esempio specifico, cioè l’allenamento del pugno. Innanzi tutto, perché l’allenamento deve essere funzionale e cosa voglio dire? Esattamente come la camminata di 15 minuti è funzionale al 50enne per migliorare il suo benessere e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, ogni esercizio e ogni sessione di allenamento dovrebbe avere un motivo di esistere. Sempre il 50enne di prima, se non avesse bisogno o voglia di migliorare il suo benessere, supposto che quella sia una soluzione, non avrebbe motivo di andare a camminare. Allo stesso modo, probabilmente un nuotatore non ha motivo di allenare un pugno e allo stesso modo, anche una persona che fa esercizi anche solo per dimagrire e migliorare esteticamente non ne beneficerebbe moltissimo.
Il problema della funzionalità dell’esercizio è spesso sottovalutato. Partire dall’obiettivo dell’allenamento è qualcosa che aiuta a strutturare e pianificare meglio tutto il percorso, permettendo quindi di ottimizzare i risultati. Questo è anche il motivo per cui un personal trainer partirà tendenzialmente sempre da quel tipo di anamnesi prima di dire anche solo una minima opinione sul programma di allenamento.
Qui lascio dunque il primo messaggio “take-away” di questo articolo: qualsiasi sia il motivo del tuo allenamento, parti da quello e costruiscilo attorno ai tuoi obiettivi. Se ti stai allenando senza obiettivi, specie se perdi spesso la motivazione, prova a chiarirti il motivo per cui hai iniziato e che cosa vuoi ottenere. Ma soprattutto, se non stai facendo nessuna forma di movimento, prova a lavorare su cosa vorresti ottenere, che sia indipendenza per il futuro, minori rischi o semplicemente una sensazione di benessere psicofisico e partendo da quello inizia il tuo cammino. (magari facendoti aiutare da un professionista).
Allenare il movimento del pugno può sembrare generico abbastanza da essere banale, ma in realtà anche qui viene fuori il tema della funzionalità. Infatti, l’allenamento del pugno può essere molto diverso da contesto a contesto, anche per la stessa tecnica. Un pugile, per esempio, vuole colpire procurando il massimo danno. Un praticante di arti da combattimento “skin-touch”, cioè senza contatto e a punti, non ha quell’interessa ma vuole invece allenare la rapidità e il controllo. Sapere cosa si vuole allenare permette di scegliere l’esercizio e lo strumento corretto.
Infatti, molti pensano che l’unico modo per allenare i pugni sia lo “shadowing” (cioè combattimento immaginario) e il sacco. In parte è vero, nella misura in cui sono normalmente le due cose maggiormente disponibili e sufficientemente generiche, tuttavia, nessuna delle due permette, nella sua forma semplice, di allenare in maniera ottimizzata lo sviluppo della forza o della potenza. Quando si parla di allenamento della forza, di solito entrano in gioco i carichi, seguiti da altre variabili come frequenza, densità, ripetizioni e tempo di recupero (e molte altre).
Ancora una volta, questo esempio dovrebbe mostrare come sia fondamentale sapere prima quali siano gli obiettivi, in modo da potersi informare e magari ottenere un allenamento più vicino a quello ottimale.
Supponiamo di voler allenare la potenza di un pugno destinato a mandare al tappeto l’avversario. Quello che vogliamo quindi ottenere, in una situazione ideale, è un pugno che abbia una forza notevole ma che esploda il più rapidamente possibile.
L’allenamento in shadowing permette di allenare la connessione tra mente e corpo, sviluppando la creatività e la coordinazione in un combattimento. Rimane una componente essenziale ma non sviluppa significativamente nessuna delle componenti della potenza, se non quella legata all’ottimizzazione della tecnica e alla rapidità di attivazione dei muscoli.
Dall’altra parte, il sacco, specie se molto pesante, esercita una resistenza all’impatto che è invece nulla durante tutto il resto del percorso del pugno. Quindi, il sacco comincia ad allenare alcune componenti muscolari poiché l’impatto andrà a destabilizzare in maniera spesso imprevedibile il movimento del braccio e dunque sarà necessario avere anche dei muscoli stabilizzatori ben allenati per non farsi male. L’allenamento con colpi che affondano aiuta a migliorare anche quell’aspetto e a seconda delle routine di allenamento serve per fiato e gestione della tensione muscolare di tutto il corpo. Tuttavia, anche il sacco non è ottimale per lo sviluppo della potenza.
Un modo più efficace per allenare la potenza sarebbe quello di effettuare il movimento del pugno ma sotto carico, cioè avendo una resistenza che si oppone al movimento preciso.
Di seguito vado ad analizzare 3 esercizi, ciascuno con un giudizio di funzionalità e con vantaggi e svantaggi.
Pugni con manubri o polsiere
Il primo è un esercizio tendenzialmente poco utile per allenare il pugno, ma che si vede fare spesso in molti ambienti dove si allena il combattimento: i pugni con i manubri o con le polsiere pesanti.
Iniziamo dal motivo per cui questo esercizio è abbastanza inutile per la potenza del pugno. Il criterio fondamentale è la direzione della resistenza. Infatti, sia i manubri che le polsiere sono semplicemente soggette alla gravità e dunque la loro direzione di trazione del braccio è verso il basso. Il pugno si estende attraverso una catena cinetica che coinvolge gambe, anca, torsione del busto, rotazione della spalla e poi, principalmente, gran pettorale che permette il movimento di spinta insieme al tricipite. Nessuno di questi movimenti creerà una forza che spinge principalmente verso l’alto, se non per stabilizzare l’intero movimento (per esempio le gambe, soprattutto sul polpaccio per estendere il piede e tenerci in piedi durante lo sbilanciamento in avanti. Ciò significa che il carico del manubrio o delle polsiere non contribuisce ad aggiungere una resistenza al movimento del pugno.
Questo esercizio può essere utile per altri scopi, per esempio, poiché il muscolo coinvolto è principalmente il deltoide, soprattutto nella sua parte anteriore, se fatto con carichi abbastanza modesti (parliamo di non più di 2kg) e senza movimenti troppo repentini, può aiutare a migliorare la tenuta della guardia davanti al volto (la gravità tende a far abbassare le braccia con la stanchezza), grazie alla componente isometrica. Inoltre, se vengono effettuati dei pugni con carichi leggeri, il peso va ad aggiungere un’instabilità (in questo caso fissa verso il basso) che può aiutare a sviluppare i muscoli stabilizzatori per l’impatto. Tuttavia, come anticipato, i pugni al sacco sono probabilmente più efficaci per questo scopo.
Tra gli aspetti più negativi di questo esercizio è che se non si carica il pugno nella direzione corretta, si rischia di avere una maggiore tonicità o addirittura ipertrofia dei muscoli stabilizzatori che renderanno il pugno ancora più lento di prima, per via della sproporzione muscolare legata al movimento. Infine, se si aumenta il carico utilizzato, aumentano notevolmente i rischi di danni articolari alle spalle e al gomito, specie nella fase di “lock” del pugno, cioè quando si ha il braccio completamente esteso e pronto all’impatto.
Ultimo aspetto poco funzionale di questo esercizio è che avendo un oggetto in mano (se fatto con i manubri), non è possibile allenare il movimento preciso poiché non si può tenere il peso e colpire il sacco allo stesso tempo.
Pugni con manubri o polsiere su panca orizzontale
Una variante più funzionale dell’esercizio precedente consiste nel distendersi a faccia in su su di una panca orizzontale e stabilizzando un lato del corpo (per esempio tenendo lo stesso peso dall’altra parte), si possono effettuare delle distensioni del braccio (sostanzialmente simuliamo un pugno) puntando verso l’alto.
In questo modo, la direzione del pugno e della resistenza sono opposti ed è quindi possibile caricare e allenare la forza e la potenza del movimento. Ogni ripetizione dovrebbe essere fatta cercando di esplodere verso l’alto per poi controllare la discesa verso la posizione originale, facendo una breve pausa sufficiente a evitare l’accumulo di forza elastica. Infine, tra ogni serie ci dovrebbe essere un sufficiente tempo di recupero poiché il pugno è un atto che consiste nell’uso del sistema per eccellenza per la potenza, cioè quello anaerobico alattacido, il primo e più veloce e che dura pochissimo e massimizza il suo valore nella capacità neuromuscolare di reclutare i muscoli giusti il più velocemente possibile e con la massima coordinazione. Dunque, un tempo di recupero troppo breve andrebbe probabilmente a fare allenare più altri sistemi di resistenza che non di potenza.
Questo esercizio ha il grande vantaggio di poter esercitare un carico costante durante tutto il movimento del pugno e di poter lavorare anche con carichi importanti in proporzione alla propria forza. Inoltre, variando ripetizioni, riposo e tutte le altre variabili, si può alternare il lavoro di ipertrofia orientata alla forza massimale con quello per la potenza. Ricordiamoci che un pugno capace di una buona accelerazione fa male, ma anche una grossa massa che arriva in faccia non scherza (semplificando, Newton ci insegna che la forza è uguale alla massa moltiplicata per l’accelerazione).
Tuttavia, l’efficacia di un pugno non dipende solo dalla forza, ma dalla potenza e dalla precisione, infatti ciò che fa danno non è l’impatto in sé, ma la pressione esercitata, quindi è fondamentale avere la giusta tecnica che sia in grado di raggiungere l’ottimo tra la superficie che colpisce il bersaglio, l’accelerazione e la massa, la velocità di esecuzione e la capacità di tenere il braccio stabile in modo che l’intera spinta si scarichi sul bersaglio e non venga invece assorbita dalle articolazioni.
Questo esercizio allena principalmente solo gli aspetti di forza e potenza e nemmeno di tutta la tecnica, poiché il tronco è fermo su di una panca. In questo caso è infatti impossibile eseguire un pugno reale, poiché non si può colpire un bersaglio in maniera realistica (a meno che il caso specifico sia quello di dare pugni da una panca a un avversario sopra di noi) e non si può fare uso di tutta la catena cinetica coinvolta nell’atto di dare un pugno.
Dunque, sebbene questo esercizio sia tendenzialmente da preferire al precedente, non è privo di difetti e non è molto completo, ma in mancanza d’altro è qualcosa che si può fare facilmente anche in assenza di strumenti o attrezzi poiché si può usare una bottiglia d’acqua o qualunque oggetto ragionevolmente piccolo che si possa tenere in mano durante l’esecuzione del movimento.
Pugno ai cavi o con le bande elastiche
Questa è la versione che può raggiungere probabilmente la massima funzionalità per questo tipo di allenamento. Fermo restando che un esercizio di allenamento della potenza di spinta del gran pettorale e del tricipite è comunque da tenere in considerazione (e che può banalmente essere anche dei semplici piegamenti esplosivi o dei “clap push ups”), il modo migliore per aumentare la potenza di un pugno è, come detto prima, quello di eseguire esattamente il movimento specifico ma con un carico opposto alla direzione del movimento.
Questo lo si può ottenere usando, per esempio, i cavi con pesi a pacchetto in palestra, assumendo che siano regolabili e che dunque il punto di ancoraggio possa essere posto poco sotto l’altezza della spalla o comunque sopra il ginocchio. In questo modo si possono avere gli stessi benefici dell’allenamento con il manubrio disteso su panca, ma senza sacrificare il potenziamento di tutta la catena cinetica coinvolta. Anche in questo caso il tipo di movimento e le variabili in gioco sono le stesse della precedente versione, ma si può effettuare un allenamento molto più completo.
Il problema più grosso di questo approccio è che in primo luogo, bisogna essere in palestra e la stessa deve essere dotata di cavi regolabili. Inoltre, spesso le macchine a cavo hanno una velocità di esecuzione molto limitata, dovuta alle tipologie di componenti e ai sistemi di carrucole, quindi sono spesso sconsigliate per esercizi legati allo sviluppo della potenza. Infine, a meno di avere un compagno con i colpitori o di poter spostare un sacco, avendo tra l’altro delle polsiere per agganciare i cavi, non si può ancora una volta colpire il sacco.
Questo problema può essere in parte ovviato utilizzando le bande elastiche. Queste, infatti, possono esercitare la resistenza nella direzione corretta, e non costringono l’atleta a una posizione fissa, a seconda del punto di ancoraggio, per esempio una parete o direttamente bloccate dietro la schiena. Inoltre, possono essere ancorate alle polsiere oppure, essendo di solito abbastanza sottili, tenute in mano e si può colpire in maniera naturale il sacco.
Una banda elastica può essere ancorata a una parete o a un attrezzo dietro di noi oppure fatta passare dietro la schiena in modo da creare la giusta resistenza. Questo ci consente di fare shadowing e allenamento al sacco come avremmo fatto senza carico, ma aggiungendo anche la componente di potenza.
Il difetto delle bande elastiche è che non hanno una resistenza costante, per cui eserciteranno la massima tensione quando il pugno sarà completamente esteso, cosa che aiuterà con temi di stabilizzazione del pugno, ma al tempo stesso eserciterà un carico probabilmente troppo basso nella parte iniziale del movimento, riducendo quindi l’impatto sulla potenza iniziale.
In generale, tuttavia, se la resistenza della banda elastica è sufficiente da far faticare l’estensione del braccio, si tratta di un buon compromesso che è subottimale per la rapidità in partenza, ma permette di allenarsi ovunque e nel modo più naturale di tutti.
Inoltre, esistono dei “trick” per ovviare alla mancanza di una tensione costante. Si può infatti spezzare l’allenamento in due parti, a discapito del tempo ovviamente, poiché ne servirà di più. Nella prima parte si userà una resistenza che ci permette di estendere il pugno in maniera completa e si effettuerà un allenamento al sacco, funzionale alla parte legata alla forza e alla gestione dell’impatto, mentre successivamente si potrà aggiungere altre fasce per incrementare la resistenza totale e portarla a una quantità tale che non ci permetta di andare oltre il primo 10-20% del movimento, con il quale potremo effettuare delle ripetute parziali a muscolo allungato in modalità di “shadowing”. Così facendo si alleneranno, seppur in maniera separata, entrambe le componenti del movimento del pugno, entrambe immerse nella completezza della catena cinetica e della connessione neuromuscolare necessaria per ottimizzare il pugno.
Riassunto per i prigroni
Take-aways per tutti (compreso il 50enne iperteso):
- Individualità dell’allenamento: Riconosci che non esiste una soluzione universale per l’allenamento, poiché ognuno ha esigenze e obiettivi diversi. Adatta il tuo programma di allenamento al tuo contesto, capacità e obiettivi personali.
- Varietà di movimenti: L’attività fisica non si limita a crossfit, palestra o arti marziali. Anche attività quotidiane come una breve camminata possono contribuire al benessere, specialmente per chi è alle prime armi o ha esigenze specifiche come il 50enne iperteso.
- Obiettivi personalizzati: Seleziona gli esercizi in base ai tuoi obiettivi e capacità. La comprensione della meccanica del corpo umano può aiutare a evitare errori comuni e a migliorare la tua routine di allenamento.
Take-aways per marzialisti:
- Funzionalità dell’allenamento: Focalizzati sull’obiettivo dell’allenamento e costruisci il programma attorno a ciò che vuoi ottenere. La funzionalità è cruciale, e un personal trainer dovrebbe prendere in considerazione la tua anamnesi per strutturare il programma.
- Specificità nell’allenamento del pugno: Comprendi che l’allenamento del pugno può variare notevolmente a seconda del contesto marziale. La precisione, la potenza e la tecnica sono fondamentali, e la scelta degli esercizi dovrebbe rispecchiare gli obiettivi specifici di ciascun praticante.
- Valutazione degli esercizi di potenza: Esamina criticamente gli esercizi di potenza per il pugno. Ad esempio, i pugni con manubri possono essere utili per alcuni scopi, ma è importante considerare la direzione della resistenza e gli eventuali rischi di lesioni articolari.
- Esercizi consigliati: Gli esercizi con manubri o polsiere su panca orizzontale possono migliorare la forza e la potenza del pugno. Tuttavia, l’allenamento più completo potrebbe essere ottenuto con l’uso di cavi o bande elastiche, consentendo un carico costante e coinvolgendo l’intera catena cinetica.
- Approccio alle bande elastiche: Se le attrezzature in palestra sono limitate, le bande elastiche possono essere una valida alternativa. Sebbene non forniscano una resistenza costante, è possibile suddividere l’allenamento per enfatizzare diverse fasi del movimento e ottenere un allenamento più completo.