No, non sono diventato di colpo un musicista. Mi è sempre piaciuta, ma non ho mai studiato o sviluppato approfonditamente quest’arte.
Tuttavia, stavo riflettendo su come spiegare alcuni concetti particolari delle arti marziali, per esempio i kata del karate-do (ma anche esercizi simili svolti in altri sport da combattimento).
Non mi dilungherò sul parlare di cosa sia un kata, sicuramente internet è già piena di risorse utilissime per capirlo, anche se oggettivamente ci sono molte opinioni e molta confusione. Per capire il mio punto, basti pensare che il kata è una serie di movimenti prestabilita, insegnata nel karate e su cui si fanno anche delle competizioni.
Alcuni maestri dicono che siano dei combattimenti immaginari, altri sostengono servano per imparare a combattere, altri invece li criticano dicendo che siano inutili.
La realtà è che in fondo hanno tutti ragione (o torto, dipende dai punti di vista).
Infatti, per spiegare cosa sia e a cosa serva il kata, nel mondo moderno, servirebbe prima stabilire quale sia l’obiettivo che un marzialista si è posto. La stessa cosa si potrebbe dire anche di altri esercizi simili, per esempio i famosissimi “drills” della boxe, utilissimi sicuramente anche a chi fa shadow boxing e non affronta avversari sul ring.
Ma qual è il paragone con la musica?
Immaginiamo di voler imparare a suonare il pianoforte. Di sicuro, ci sarà chi immagina di voler suonare in un grande teatro pieno di gente, chi invece vuole stupire i passanti in un aeroporto, chi invece gli amici a una cena e chi, infine, vuole suonare in cuffia senza che altri lo sentano.
Questo è il primo punto fondamentale. Lo studio di un’arte marziale, e il definirla utile o meno, può essere funzionale solo nel momento in cui ogni individuo stabilisce il suo obiettivo o la sua funzionalità. Non esiste uno scopo unico e assoluto per nessuna arte marziale e difficilmente qualcuno potrà dimostrarmi o convincermi del contrario.
Tornando al pianoforte, di certo non ci si metterà da subito a suonare un pezzo classico come se fosse nulla. Servirà fare degli esercizi, servirà insegnare alle nostre dita a muoversi in un certo modo. Sarà necessario che mente, mani, polsi e orecchio imparino a coordinarsi e a reagire a ciò che avviene in tempo reale.
Per arrivare a quel livello, un aspirante pianista inizierà studiando le basi della musica, praticando scale e solfeggi e suonando cose elementari, prima con una mano, poi con l’altra, poi con tutte e due.
Ma non finisce lì. Il pianista diventato esperto, avrà magari approfondito la teoria della musica, e invece di suonare un pezzo di Beethoven, avrà composto il suo pezzo. Magari avrà improvvisato un Boogie Woogie alla stazione di Londra.
Questo non sembra poi così inverosimile o complesso, parlando di musica, no?
Bene, ora proviamo a immaginare nelle arti marziali, che siano boxe, muay thai, taekwondo o karate. Cosa dovrebbe fare di diverso un praticante? Se ci pensi bene, proprio nulla.
Scale e solfeggi sono gli esercizi tecnici di base. Da studiare, praticare e trasformare in movimenti automatici. I kata, i drills e tante altre cose, possono essere molto semplici, come un “inno alla gioia” fatto con una sola mano, oppure estremamente complessi, come i kata che un campione del mondo porta al mondiale WKF, paragonabili a una toccata e fuga di Bach.
Il kata diventa dunque uno spartito predeterminato di movimenti sempre più difficili, che non rappresenta la capacità di un marzialista di, per esempio, improvvisare in un combattimento per strada. Ma come per il musicista, essere in grado di improvvisare un pezzo classico in mezzo a una piazza colma di sconosciuti, potrebbe non essere il suo obiettivo. Ciò non toglie che, quel pezzo predefinito, richiede uno studio di se stessi e un allenamento del proprio corpo, che siano le mani o tutto il corpo, che è funzionale al suo scopo.
Un esercizio come una combinazione di boxe ripetuta al sacco pesante, o una sequenza di tecniche chiamata kata, vanno ad allenare delle capacità condizionali e coordinative che alla fine potranno essere trasferite anche in altro, esattamente come imparare a suonare un pezzo di Mozart aiuterà un autore a comporre il suo pezzo, sfruttando la memoria muscolare (e musicale) che avrà acquisito nel frattempo.
Pertanto, un kata non sarà il livello di “composizione di un pezzo musicale del tutto nuovo”, ma uno spartito predefinito che, a vari livelli di complessità, permette a un karateka di verificare il proprio livello di condizione e motorio, e di acquisire abilità che potrà trasferire anche in altri percorsi con altri obiettivi.
Spero che la gente la smetta di confondere i kata, i drills e tutti quegli esercizi, con ciò che non sono.