Sono convinto che ogni persona che ho incontrato sia convinta di conoscersi abbastanza bene. Io, onestamente, da quando pratico la fotografia di ritratto, non ne sono più così convinto.
Nonostante abbia praticato tanta meditazione grazie alle arti marziali, e quindi fossi convinto di avere un grado avanzato di autoconsapevolezza, quando ho iniziato a scattare foto di ritratti, qualcosa nella mia percezione è cambiata. Ho imparato e scoperto cose a cui non avevo pensato.
Non voglio dire che le persone, o anche io stesso, non si conoscano per nulla, ma adesso sono fermamente convinto che anche se si possiede un’identità forgiata da valori e pilastri stabili, il nostro “io” si evolva nel tempo più di quanto ci immaginiamo e che, inoltre, non prestiamo attenzione a moltissimi dettagli di noi stessi che possono aiutarci a capire i nostri comportamenti e come reagiamo alla vita.
Ma come ha fatto la fotografia a farmi realizzare tutto ciò?
Quando ho iniziato coi ritratti, considerando che arrivavo dalla food photography, l’ho fatto principalmente perché volevo sperimentare tecniche nuove e, diciamo la verità, perché “faceva figo” fare il ritrattista.
Poi, però, nel tempo ho cominciato a notare alcune cose importanti: mi piacevano di più alcune prospettive, alcuni tipi di illuminazione, ma anche a livello del processo creativo, c’erano fasi che amavo di più, come la pianificazione e la struttura dello scatto, lo storytelling.
Ebbene, questi dettagli mi hanno aperto gli occhi su aspetti di me che magari avevo sottovalutato, fungendo da cassa di risonanza quasi come in una sessione dallo psicoterapeuta. Fermarsi a percepire le emozioni della fase di preparazione dello shooting, osservare la bellezza nei dettagli e nella diversità di ogni persona, il gusto della scoperta creativa e della relazione che si crea con le altre persone.
Forse è stata lì la chiave (nemmeno con tanti dubbi), nelle persone. Esattamente perché da quando ho iniziato a scattare con Ivan e i ragazzi e ragazze di UMDS (ai quali sono estremamente grato per le opportunità che mi hanno dato), ho percepito un’energia che non avevo provato prima, nel realizzare qualcosa di più grande di me, qualcosa che la sola tecnica di scatto non poteva portare, senza una direzione creativa e un’esecuzione eccelsa da parte di modella o modello.
Quindi, per come sono fatto, ho voluto anche saperne di più fa un punto di vista “scientifico”. In effetti, alcune cose, una volta scoperte sembrano ovvie, altre meno, ma non volevo di certo scrivere una dissertazione sulla psicologia della percezione.
Ma basti pensare che noi osserviamo tutto attraverso i nostri “occhiali”. Questi occhiali sono le esperienze che abbiamo fatto nella nostra vita, le cose che abbiamo imparato dalle persone che abbiamo incontrato e così via. Sono occhiali che cambiano filtro ogni giorno.
Tramite questi occhiali, filtriamo la realtà che osserviamo e gli diamo un senso e una interpretazione. Ciò significa che quando siamo in mezzo a un processo creativo come la fotografia, se ci fermiamo a osservare noi stessi e le nostre scelte, realizzative e stilistiche, potremmo vedere dettagli che avevamo sottovalutato. In più, ripetendo tale osservazione nel tempo, possiamo identificare schemi ricorrenti e vederne l’evoluzione. Scatto ritratti da oltre 10 anni ormai e guardando alla mia libreria di foto posso vedere non solo l’evoluzione della tecnica ma anche dei miei schemi mentali.
Infine, giusto per dare un “twist” conclusivo, la fotografia di ritratto funziona anche per chi viene fotografato. Infatti, noi siamo abituati a vedere la nostra immagine, solitamente, allo specchio, quindi distorta per natura (come minimo riflessa al contrario di come la vede il resto del mondo). Le fotografie ci mostrano come appariamo realmente agli altri e da prospettive e angoli che sono per noi impossibili da vedere senza la fotografia. Il corpo, poi, parla un linguaggio suo, dunque farsi scattare una foto è un modo di “parlare” al mondo.
Dunque, la fotografia si ritratto aiuta sia chi fotografa che chi viene fotografato a conoscersi meglio. E avere maggiore autoconsapevolezza può essere un modo estremamente efficace per migliorare la propria vita sotto molti punti di vista.
Quindi, concludo ringraziando tutt* coloro che, in questi anni, si sono fatti fotografare da me, perché sono stati parte della mia scoperta di me stesso.