Questa è una domanda che, sotto varie forme, mi è stata posta più volte. Non sempre come domanda a dire il vero. Alcune volte delle persone ignoranti sull’argomento (nel senso che ignorano parzialmente o completamente la materia) hanno fatto la stessa domanda ma sotto forma di affermazione, asserendo direttamente che non funziona in senso assoluto, vedi per esempio il podcast di Fedez che ha in effetti suscitato anche delle reazioni da campioni del mestiere.

Il problema con questa domanda è che è mal posta. Infatti, non è una domanda che ha una sola risposta, quindi sia chi afferma che funziona, sia chi dice di no, ha in un certo senso ragione.

Se ci si pensa bene, la domanda in questione non è diversa dal chiedersi se il tennis funziona, o se il tiro a piattello funziona. Ciò che accade è che nella mente di chi fa la domanda, il contesto a cui si fa riferimento è, di solito, estremamente chiaro e specifico, ma viene poi generalizzato ed il pregiudizio usato per valutare anche tutti gli altri contesti.

Le generalizzazioni sono un meccanismo naturale del nostro cervello che ci aiuta a non dover “calcolare” ogni singolo dato per poter prendere una decisione. Immaginate se un animale grosso quanto un leone, con una criniera, delle zanne e degli artigli piuttosto affilati, ma di colore blu, si stesse avvicinando. In effetti, la generalizzazione che gli animali grossi (e con altre caratteristiche) siano pericolosi ci aiuta a non dover analizzare ogni aspetto e ci permette di prendere una decisione in maniera molto veloce.

Bisogna però essere consapevoli che molto spesso (anche più volte nell’arco della stessa giornata), cadiamo tutti preda di queste generalizzazioni laddove invece non dovremmo, causando così problemi di comunicazione con il nostro prossimo e magari causando incomprensioni, liti o problemi.

Un piccolo trucco per rendersi conto di una generalizzazione inconsapevole è quello di provare ad ascoltarsi con attenzione e notare quando si usano parole come “sempre”, “mai”, “ogni volta” e così via.

Infatti, quando usiamo questo tipo di espressioni linguistiche, è possibile che si nasconda dietro un pregiudizio formatosi a causa di una generalizzazione. Farsi una domanda in più, ogni volta che le usiamo, potrebbe creare l’abitudine a riconoscere quei casi in cui facciamo “di tutta l’erba un fascio”.

Tornando al Karate-Do, il significato più specifico solitamente attribuito alla domanda sulla sua funzionalità, è relativo alla difesa personale. Quando una persona chiede se il Karate-Do funzioni, di solito intende, se devo difendermi per strada.

A questa domanda hanno provato in tanti a rispondere in maniera assoluta, ma la verità dei fatti è che non si può. Tuttavia si possono analizzare alcuni aspetti sui quali chi pone la questione possa trovare una risposta.

Potrei per esempio chiedere se il tiro a piattello funzioni per imparare a diventare un soldato che vada in guerra. Sarebbe possibile dare una risposta assoluta? No, ma si potrebbe affermare che chi pratica tiro a piattello acquisisce una dimestichezza nell’afferrare e armare un fucile e ha una capacità di mettere a fuoco attraverso la vista sicuramente più allenata della media delle persone.

Questo è il punto chiave. La difesa personale è un campo estremamente ampio che include capacità di negoziazione, gestione strategica, capacità di gestione emotiva, comunicazione e in piccola parte, componente fisica. Ebbene sì, la compontente fisica, nella difesa personale, conta veramente poco a differenza di quello che pensano quelli che chiedono se il Karate-Do (o un’altra arte marziale a piacere) funzioni. Sempre per via delle generalizzazioni e dei pregiudizi, infatti, la maggior parte delle persone associa il concetto di difesa personale allo scontro uno contro uno in una tipica rissa tra ragazzi per strada, che rappresenta nemmeno l’1% delle situazioni di difesa personale (di cui non entrerò nel dettaglio in questo articolo).

Ma quindi il Karate-Do funziona per la difesa personale?

Si, non nel senso che chi fa Karate-Do si saprà sempre difendere e non verrà mai battuto in situazioni di difesa personale, ma nel senso che l’arte marziale, qualunque essa sia, permette di allenare, come nel caso del tiro a piattello, alcune delle competenze di base che possono aiutare in una situazione di difesa personale. Per esempio, la componente fisica, sebbene sia solo in piccola parte, viene sviluppata e rendere più capaci di scappare, di resistere a un colpo o di assestarne uno. Ma l’arte marziale aiuta anche ad avere maggiore consapevolezza del proprio corpo e del proprio stato emotivo, pertanto anche gli altri aspetti legati alla comunicazione e alla negoziazione ne beneficiano. Immagina la differenza tra dire una frase come “non voglio combattere con te”, detta in stato di panico, o detta in maniera sicura e ben scandita. L’effetto sull’avversario sarà molto diverso. Per me, rimane fuori di dubbio che una persona allenata tragga beneficio in situazioni di difesa personale, sebbene, come ho detto, il Karate-Do, come tutte le altre arti marziali, non rendano invincibile nessuno.

Allora la domanda giusta è: il Karate-Do funziona più o meno di <altra arte marziale a piacere>?

Ed ecco che subentra l’altra tipica parte di chi pone questa domanda: il confronto. Con l’incremento di popolarità di sport come l’MMA (Mixed Martial Arts), dove lo scopo è vincere, anche brutalmente, per KO dell’avversario, in molti si sono convinti che esista un’arte marziale che sia migliore delle altre.

La realtà anche qui è spesso diversa da come molti se la immaginano. Infatti, non esiste un’arte marziale che genera lottatori fatti con lo stampino. Nello sport, e più in generale nella preparazione atletica che rappresenta il fondamento del successo di qualsiasi atleta, esiste quello che si chiama principio di individualità. In sostanza, ogni atleta è diverso. Uno con un certo fisico e certe capacità potrebbe diventare più forte praticando BJJ, un altro Taekwondo, un altro ancora facendo Karate-Do.

Ciò che si sa per certo è che, se uno che pratica Karate-Do, combatte con un pugile, seguendo le regole del pugliato, verrà, probabilmente, battuto inesorabilmente, specie se si combatte a parità di condizioni fisiche. Gli stessi due atleti avranno un risultato completamente diverso, se si useranno le regole del Karate-Do, oppure se non si usano affatto delle regole.

Provare a rispondere a una domanda di confronto tra arti marziali è spesso un buco nero all’interno del quale si possono avere i dibattiti più ignoranti e assolutistici della storia. L’unico aspetto che ha senso è che ogni arte marziale, se vista dal punto di vista dell’obiettivo sportivo, viene allenata per certe regole e per certe situazioni e quindi tenderà a rendere un atleta più preparato in una condizione rispetto ad un altra, che non rappresenta la totalità delle cose.

Anche nel Karate-Do, confrontare uno che pratica Shotokan sportivo e uno che pratica Uechi-Ryu tradizionale sarebbe poco sensato. Uno allena il punto rapido e indolore, l’altro allena delle dita che cavano gli occhi il più rapidamente possibile. Hanno obiettivi diversi e allenano cose diverse.

Il mio maestro, per esempio, non allenava la parte sportiva e invece si dedicava al condizionamento fisico, le prese e le leve articolari, le proiezioni e il combattimento a terra, mentre molte palestre non sanno nemmeno cosa siano queste tecniche. Eppure si tratta pur sempre di Karate-Do.

Ma quindi il Karate-Do serve a qualcosa?

Assolutamente si! Di certo non serve più al suo scopo originale, cioè creare delle macchine da guerra da mandare contro il nemico, dato che ormai non si combatte più a mani nude ma con fucili e carri armati (e sarebbe bello non si facesse più nemmeno quello).

Il Karate-Do è utilissimo, ma per spiegare il perché voglio fare un excursus fuori dal karate stesso e parlare di Connor McGregor, uno dei più grandi lottatori di MMA di questi tempi. Nelle arti marziali miste, non si usano uno stile in particolare, e ci sono regole molto lasche su cosa si possa o non si possa fare. DI conseguenza, ciò che diventa un vantaggio competitivo è quello di conoscere il proprio corpo al punto da essere in grado di avere reazioni istintive di improvvisazione motoria praticamente istantanee. Connor si allena seguendo il programma di Ido Portal, tra le altre cose, che allena il movimento e non il combattimento. Questa, anche a detta dell’atleta di MMA, è stata una delle cose che lo ha reso il combattente che è adesso.

Ebbene, il Karate-Do, almeno quello che ho praticato io, ha molte cose in comune con questa disciplina praticata da Connor McGregor, per esempio lo studio dei movimenti dell’anca, il modo in cui la posizione del piede influisca su come si muove un braccio oppure gli esercizi di gestione dell’equilibrio.

Si badi bene, non è il Karate in quanto tale, ma come studio dei movimenti del corpo. Le arti marziali funzionano allo stesso modo di come il tiro al piattello alleni la mano ferma e la capacità di messa a fuoco, o come gli scacchi allenino il ragionamento algoritmico.

Il karate allena a conoscere il proprio corpo, capire come si muove, a esplorare e superare i propri limiti e ad ampliare lo spettro dei movimenti che diventiamo in grado di fare.

Imparando a conoscere se stessi e il proprio corpo in maniera più accurata, e associando a questo studio anche un buon allenamento della propria condizione, allora si può affermare con certezza che il Karate-Do funziona nell’aumentare le probabilità di successo in tutte quelle situazioni dove queste competenze siano richieste, inclusa la difesa personale, un combattimento di MMA, una rissa da strada uno contro uno, o nella pratica di un altro sport.

Che conclusioni possiamo trarne?

  • Possiamo di certo mligiorare nel riconoscere i pregiudizi e cosa stiamo dando per scontato quando poniamo una domanda.
  • Non esiste un’arte marziale migliore in assoluto, tutto dipende dall’atleta, dal contesto e da quale obiettivo si sta osservando. Ci sono un’infinità di possibilità e di conseguenza di soluzioni, ma spesso nella nostra testa ne sottointendiamo una piccola parte.
  • Riconoscere, chiarire e rimuovere il pregiudizio ci apre un sacco di opportunità di crescita personale.